La vita rampicante non si volta dall’altra parte

Vite rampicanti“, viaggi nel cuore delle persone e delle situazioni, sarà un podcast online da novembre 2024. Seguimi sui social e su questo sito. 
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Oggi la vita quotidiana è così complicata che la nostra mente è stanca. Per difendersi si chiude in se stessa, lascia che a guidarla siano gli schemi mentali acquisiti. In parole semplici: pregiudizi e luoghi comuni.
L’esempio, uno fra i tanti possibili, me lo offre una storia che mi è stata raccontata da Giulia, una mia amica giunta al pronto soccorso per disturbi circolatori. Un esempio di mala sanità, vien subito da dire, ma la questione è diversa, non riguarda gli aspetti tecnici ma quelli umani. Sappiamo che medici e infermieri scarseggiano e sono sottoposti a turni sfibranti. Al pronto soccorso, in particolare, sono sottoposti ad ogni sorta di pressione e spesso anche di pericolo. Sono stanchi e giustamente scoraggiati.
Ma la storia riguarda un pronto soccorso di provincia, meno affollato del solito. Poco dopo la sua accettazione, la mia amica si trova ad assistere a una scena incresciosa. Viene ricoverata una giovane ragazza proveniente da una comunità. Probabilmente è una tossicodipendente con evidenti problemi di disagio psichico. In mattinata ha tentato il suicidio, ma non presenta lesioni, pare volesse gettarsi da un balcone e poi ha dato in escandescenze. Il personale del pronto soccorso, in gran parte femminile, comincia a insultare la ragazza: “Cosa credevi di fare, fallita!” – “Sei solo una tossica, sta’ calma che ti facciamo un T.S.O.!” – “Ma guardati, non vedi in che stato ti sei ridotta?”
Giulia, che lo so, è una vita rampicante, a questo punto non riesce a tacere: “Vi rendete conto che state soffiando sul fuoco? Che è proprio il senso di fallimento e di abbandono che hanno spinto questa povera ragazza a perdersi fino a tentare il gesto? Sarebbe questa la terapia? Una bella spinta a buttarsi nuovamente giù!”
Infatti, la giovane, nel frattempo, si è alzata dal lettino e corre per il corridoio nel tentativo di fuggire. E’ in uno stato di agitazione incontrollato. Viene inseguita tra l’incredulità dei pazienti, la scena è da film. Alla fine OS e infermiere hanno cambiato atteggiamento, la ragazza è stremata, scoppia in un pianto dirotto e si ferma, lasciando che le facciano una flebo calmante.
La sistemano accanto alla mia amica che comincia a rivolgersi alla ragazza con dolcezza e lei si lascia andare, ha trovato finalmente qualcuno disposto ad ascoltare, racconta tra le lacrime la sua vita disastrata, la racconta a modo suo, intercalando turpiloquio, frasi sconnesse, tristi risate, ma intanto capisce che Giulia è diversa e trova in lei, almeno per quel momento, il farmaco che le serviva in tale circostanza.
Il personale medico sarebbe da comprendere, è stanco, abbiamo detto, ma anche preda di pregiudizi e luoghi comuni sempre più diffusi ma che non sono giustificabili in un luogo dove, per un caso del genere, servirebbe prima di tutto accoglienza e ascolto. I preparati chimici servono a poco, il loro effetto prima o poi svanisce, i sintomi si ripresentano, se non si affrontano le cause. Lo ha subito capito Giulia che non si è voltata dall’altra parte e ha zittito l’esplosione di insulti, facendo arrossire quelle persone insensibili.
La vita rampicante difende sempre la vita degli altri e possiede quell’apertura e generosità d’animo che le impediscono di tacere di fronte all’evidente disumanità di certi comportamenti riguardo ai quali una larga fetta di gente vorrebbe sbrigativamente reprimere, punire, magari sopprimere.
La vita rampicante naviga controvento e diventa una mina vagante.