Paralimpiadi

Vite rampicanti“, viaggi nel cuore delle persone e delle situazioni, sarà un podcast online da novembre 2024. Seguimi sui social e su questo sito. 
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Tra fine agosto e inizio settembre 2024 si sono tenute a Parigi le Paralimpiadi. Dopo le Olimpiadi le Paralimpiadi. E perché non prima? La mia è una provocazione, lo so, ormai i pregiudizi sulla disabilità dovrebbero essere stati superati e non è che, inserendole per prime, si rischia di cedere a una forma di pietismo per i più fragili, poverini, diamo a loro più visibilità…

No, perché comunque siamo fatti male, il culto per il più forte, il fisicamente perfetto, affascina, seduce e tenta sempre. Per questo vogliamo vederli davanti a tutti. Ma qual è il loro maggior merito rispetto agli altri atleti, meno performanti perché fisicamente meno perfetti?

Pensiamo alle aspettative generate, sempre a Parigi, da Gianmarco Tamberi e Marcell Jacobs, due idoli osannati dal pubblico, ma hanno fatto fiasco. Non per mancanza d’impegno, ma perché il loro fisico ha riscontrato dei problemi, una forma di disabilità temporanea…

Le atlete e gli atleti paralimpici sono tutte vite rampicanti.

Allora, perché non mettiamo al primo posto chi ha vinto non una ma due gare: quella di essere ammessi ai giochi e quella di aver superato in qualche modo la disabilità?

Sergio Mattarella è stato grande a voler essere presente in entrambe le manifestazioni, ha cercato di metterle sullo stesso piano, è stato l’unico capo di stato a compiere questo gesto, rompendo gli schemi.

La più nota e stupefacente fra le vite rampicanti paralimpiche è sicuramente Bebe Vio perché possiede il temperamento di un ciclone, nonostante la sua disabilità sia tra le più devastanti. Lei non si risparmia e regala sempre a tutti risate e sorrisi contagiosi. E’ generosa e possiede una vitalità che non si lascia sconfiggere.

A soli 11 anni una meningite le ha causato infezioni tali da procurarle danni permanenti a tutto il corpo, inducendo i medici all’amputazione di tutti gli arti. Ma ci rendiamo conto? Trovarci solo con la testa e il torace, che sensazione deve mai essere? Cento interminabili giorni di ricovero, immaginate il calvario. Ma appena fuori, lei che fa? Torna a scuola e intanto si sottopone a faticosissimi esercizi di riabilitazione. Riceve le protesi, impara ad utilizzarle, si adatta ad essere aiutata. Passa un anno dalla malattia ed è già in pedana a tirare di scherma, riprendendo una passione coltivata fin dalla più tenera età. E vince.

Non è mia intenzione fare altri esempi perché sono così tante queste vite rampicanti piuttosto speciali che non me la sento di escludere nessuno. Le loro biografie le trovate a questo indirizzo: www.disabilinews.com/biografie/