
Su Enrico Berlinguer non farò un podcast. Troppo noto e discusso. Ma l’uscita del film diretto da Andrea Segre e interpretato da Elio Germano mi offre lo spunto per ragionare su questa autentica vita rampicante. Perchè Berlinguer, persona schiva, inevitabilmente complessa, sapeva navigare controvento. La sua grande ambizione di inaugurare una via democratica al socialismo, con il contributo di tutte le forze popolari progressiste, in particolare quelle cattoliche, era scomoda a tutti. Non piaceva a Breznev, che paventava l’effetto domino capace di minare le fondamenta del totalitarismo comunista. E non piaceva agli americani (e con loro tutto il mondo della grande finanza e degli interessi capitalistici occidentali) perché il rischio che il popolo, democraticamente, prendesse il potere, inaugurando riforme anti sfruttamento del lavoro, non era neppure immaginabile. Come non lo fu nel caso del Cile di Salvador Allende.
TRA AMBIZIONE E REALISMO
Berlinguer ne era consapevole, per questo cercava una sponda nella componente progressista della DC, rappresentata da Aldo Moro, intendendo tranquillizzare i cosiddetti poteri forti… In quale modo non si sapeva, dal momento che anche gli esponenti del PC si chiedevano: “E se andassimo a governare, cosa ci lasceranno fare?” Ma la storia è andata diversamente, il rapimento di Aldo Moro, il periodo controverso della prigionia, l’assassinio e le ombre inquietanti scese su tutto quanto, contribuirono al naufragio della grande ambizione. La vicenda di quei cinque anni di Berlinguer, rivisitata nel film con grande precisione storica, pur con inevitabili semplificazioni, non ha sacrificato la componente emotiva, motore nel bene e nel male di ogni movimento collettivo. (Al termine della proiezione a cui ho assistito la platea è esplosa in uno scrosciante applauso).
LA SUA EREDITA’
Una storia che, tra successi e fallimenti, sposta il centro dall’ambizione alla sua eredità morale. Nota a tutti per grandi linee, la vita di Berlinguer è certamente meno conosciuta nella sua intima lotta di sentimenti contrastanti, di slanci prudenti, di dibattiti e interni conflitti, di esaltanti incontri con i suoi sostenitori che ne apprezzavano la personalità carismatica, scevra da qualsiasi narcisismo e improntata ad una correttezza esemplare. Era l’epoca in cui esistevano ancora alcuni statisti autentici che ci mettevano la faccia, nonostante i soliti opportunisti, che anche allora spopolavano. Personalità che non si improvvisavano alla politica, che facevano la gavetta con umiltà. Perché la buona politica è una faccenda complessa, richiede dedizione, passione e duro lavoro. Ma era anche l’epoca in cui la gente sapeva unirsi nel nome di un’idea, un sogno, la fiducia nel futuro.
BERLINGUER OGGI
Sul profilo Instagram “Berlinguer_official” si cita Carlo Verdone che avrebbe dichiarato: “Berlinguer è un personaggio del passato, oggi non interessa più perché è passato troppo tempo, fa parte di un’altra epoca, è cambiata la società”. Può darsi, ma le “ragazze e i ragazzi di Berlinguer.it” non ci stanno e nel post in cui si cita l’attore replicano: “Ci permettiamo di far presente a #CarloVerdone, che ha rilasciato questa dichiarazione in un’intervista a Libero, che probabilmente ha poca contezza di cosa sia per noi, nati dopo la caduta del Muro di Berlino, la figura di #EnricoBerlinguer. Enrico non è solo ancora oggi, a 40 anni dalla morte, amato da chi c’era, ma soprattutto da chi non c’era, come noi. Proprio perché di lui noi rimpiangiamo un’idea di società e una comunità che il mondo voleva cambiarlo per davvero. La prova vivente di tutto questo sono le migliaia di giovani che oggi lo studiano, organizzano collettivi a suo nome in tutta Italia e si rifanno al suo esempio.” Virgulti rampicanti, li definirei, che tengono viva la fiaccola che illumina la Storia. Non solo quella di Berlinguer, ma di tanti altri di ogni parte politica democratica che hanno lasciato un segno e che vanno rispolverate per non sprofondare nel buio abisso della disinformazione e dell’ignoranza.